La fiammeggiante serie di campagne attraverso cui, fra il 58 ed il 52, Caio
Giulio Cesare assoggettò le Gallie consegnandole nelle mani di un popolo
deliziato e di un Senato invelenito, ha cambiato per sempre la storia del mondo,
e incendiato nel corso dei secoli la fantasia di artisti e storiografi come il
più entusiasmante dei romanzi.
Generale fantasioso e risoluto, feroce soldato da trincea, politico dal fiuto
anticipatore, nelle otto campagne che romanizzarono le riottose terre d’Oltralpe
Cesare dovette spesso ricorrere alle sue doti non comuni per fronteggiare
ostacoli in apparenza invalicabili.
E’ il noto caso, ad esempio, del ponte costruito e poi distrutto sul Reno: siamo
nel 55, la Gallia è ben lungi dall’essere pacificata, ed anzi, una costellazione
di focolai rivoltosi impegna costantemente l’esercito romano.
I germani, nel caso di specie, tendono a oltrepassare con troppa frequenza il
confine segnato dal Reno, convinti come sono che i romani non avranno mai il
coraggio di intraprendere la strada inversa, venendo a fare la voce grossa in
casa loro.
Cesare ha tutta le intenzioni di dimostrar loro il contrario.
E la maniera in cui lo fa, e lo documenta, è puramente, semplicemente,
inequivocabilmente Project Management.
Quello che segue è un estratto della mia tesi di laurea, contenuto nella parte
introduttiva della stessa e finalizzato a presentare il concetto di universalità
della gestione progettuale delle attività: così, il progetto del ponte sul Reno,
affrontato con le metodologie moderne di Project Management, ci dice molto sulla
natura delle attività irripetibili il cui compimento richiede una movimentazione
coordinata di risorse, e soprattutto sulla filosofia con la quale affrontarle,
più importante e decisiva di qualunque strumento si decida di impiegare.
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